Episodio intenso, ma nella parte centrale un po' troppo diluito; sul precedente non ho rischiato di addormentarmi, su questo sì. La bellezza dell'episodio l'avete già -giustamente- decantata voi. Io cercherò di soffermarmi su altri particolari.
Ancora una volta la sala ologrammi diventa metafora della fuga dalla realtà, come fu per Barclay in TNG, ma con due importanti differenze:
1) Barclay cercava un mondo ideale dove essere “ultra-protagonista” della sua vita, Nog vuole “solo” dimenticare la tragica scoperta della realtà personale della guerra, con le paure e le perdite che essa genera.
2) Per Barclay è
fondamentale la scelta della sala ologrammi, poiché nel mondo reale non è possibile (a suo giudizio) essere protagonista; per Nog è la conseguenza di una catena apparentemente casuale di avvenimenti, iniziata con l'ascolto della canzone di Vic durante l'assedio.
Per l'economia della sua vicenda Nog poteva anche prendersi una licenza nel ristorante di nonno Sisko, con sviluppi analoghi. Ma gli autori escogitano un bel collegamento tra il momento della tragedia e la sala ologrammi, con Vic che (suo malgrado) diventa trait d'union tra il trauma della ferita ed il percorso di riabilitazione.
Ezri, secondo il nuovo -reale- trend della psicologia, non forza Nog ad affrontare le sue paure, ma lascia che sia lui stesso ad autocurarsi con i propri tempi; soltanto al momento opportuno, grazie a Vic, dà una piccola spinta alla crescita di Nog.
Penso che questo episodio, oltre che sui traumi psicologici, debba far riflettere sulla differenza tra gesta epiche raccontate/romanzate “sulla carta” e tragica realtà della guerra; una differenza che anche Jake, mooolti episodio fa, si è trovato ad affrontare risolvendo esattamente come Nog, seppur con le modalità di un non-soldato: prima fuga disperata, poi ritrovamento di un meccanismo per allineare la propria esistenza con il nuovo, terribile corso degli eventi. Per questo motivo la presenza di Jake è tutt'altro che casuale in questo frangente. Altro colpo da maestro degli autori.
Insomma: è facile parlare di guerra, sinché non entra prepotentemente e dolorosamente nella propria esistenza; una lezione che dovrebbero imparare anche tutti coloro che stanno nelle “stanze dei bottoni”.
P.S.: Non mi piace Vic, e non mi piace la sua parte da “deus ex machina”; ho anche accennato a come, in questo frangente, potesse (ammp) essere sostituito da un più classico e rassicurante nonno Sisko, ben coadiuvato dall'ottima Ezri. L'intelligenza degli autori dovrebbe stare nel combinare bene gli ingredienti a disposizione, cosa che hanno comunque fatto in questo frangente, non nel creare meccanismi al limite dell'assurdo per risolvere facilmente ogni tipo di situazione.
Come per il precedente episodio, sorvolerò sulle assurdità dell'ambientazione
.
La nostra vera nazionalità è l'umanità. H.G.Wells
...siamo tutti un po' Garak