IL DONO

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Maty
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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 17 set 2016, 18:13

Capitolo 18

McCoy spense il terminale dopo aver inviato l’ultimo documento: era la ricerca che lo aveva impegnato nelle due ultime settimane.
Si massaggiò gli occhi stanchi e si guardò intorno.
Quelli erano gli ultimi giorni che passava a bordo dell’Enterprise e sorrise tra sé e sé.
Aveva sempre rinfacciato a Jim Kirk di averlo trascinato su di un “barattolo di latta”, nello spazio profondo, che non è altro che “malattia, morte e pericolo”, ed ora sentiva una morsa allo stomaco al pensiero di dover lasciare l’Enterprise.
“Posso entrare, dottore?” chiese Spock, immobile sulla soglia.
“Certo Spock… entra e siediti”
Il vulcaniano, elegante ed impeccabile come al solito, si sedette davanti alla scrivania del piccolo studio medico.
“Ho appena finito di parlare con l’Ammiraglio Archer. C’era in comunicazione anche il giudice”
“Tutto risolto?” chiese il medico.
“Sì dottore, entrambi hanno convenuto. Appena sarà rientrato sulla Terra è invitato a recarsi al Tribunale di S. Francisco, per la formalizzazione dell’affido” rispose, con tono asettico, il vulcaniano.
McCoy annuì.
“Fra quanto arriveremo?”
“Arriveremo allo spacedock della Terra fra due giorni standard”
“Bene, non ci resta che parlare con Jimmy” concluse triste McCoy.
Sospirando, e cercando di prepararsi mentalmente a quanto sarebbe accaduto, McCoy contattò Uhura.


“Vieni Jimmy” esortò McCoy quando il bambino arrivò sul ponte di osservazione accompagnato da Uhura.
Lui e Spock avevano scelto il luogo con cura.
Il ponte di osservazione era il posto preferito di Jim sulla nave, sia da adulto sia da bambino.
Il piccolo si bloccò alla vista dei due, stringendo impulsivamente la mano di Nyota.
Il braccio era guarito perfettamente; all’apparenza Jimmy non aveva subito alcuna conseguenza dalla sua avventura con i klingon
“Vieni tesoro, siediti qui, vicino a noi” fece dolce McCoy, pur sentendo la morte nel cuore.
Jimmy lasciò andare la mano di Nyota: obbediente si sedette tra Spock, che stava rigido sul piccolo divano, e McCoy.
Le stelle scorrevano tranquille dietro la grande vetrata.
“La tua presenza è gradita, Nyota” disse piano Spock per fermare la donna che aveva già imboccato l’uscita.
Uhura rimase in silenzio accanto alla porta, non volendosi comunque intromettere in un momento che sentiva privato.
“Quando?” chiese con voce sottilissima Jimmy.
“Quando cosa?” rispose McCoy meravigliato.
“Quando devo lasciare la nave?” chiese tranquillo, senza piangere.
“Jimmy… il giudice ci aveva dato sei mesi. E sai bene che i bambini non possono restare a lungo sulle navi stellari. E’ pericoloso, ne abbiamo avuto la prova” spiegò con calma Spock.
Jimmy annuì triste.
“E con chi starò?” chiese incerto.
“Con me. In Georgia, andremo a vivere nella casa di campagna di mia madre. Lei non vede l’ora di vederti. Ci sono un sacco di animali e un bel giardino. E poi potrai giocare con Johanna. Ti ho fatto vedere un sacco di ologrammi… ricordi?” fece McCoy cercando di non piangere.
“Senza Frank?” chiese incerto il bambino.
“Senza Frank, tu non vedrai mai più Frank, questo te lo giuro” promise McCoy.
“E Sam?” chiese ancora incerto Jimmy.
McCoy sospirò.
“Sam è cresciuto Jimmy, te l’ho spiegato. E non sappiamo dov’è. Ma ti prometto che farò di tutto per rintracciarlo, se vuoi”
Il pensiero che il fratello maggiore di Jimmy, una volta rintracciato, ne potesse rivendicare la custodia, terrorizzava McCoy; ma non poteva negare al bambino di rivederlo, se possibile.
Una lacrima scese sulla guancia del piccolo.
“Non desideri vivere con me? Non vuoi diventare mio figlio?” chiese McCoy, mentre il panico cresceva dentro di lui.
“Certo che voglio stare con te…” balbettò Jimmy, mentre si asciugava le lacrime con la manica della maglietta.
“Ma… io non voglio lasciare gli altri… non voglio lasciare te, Spock” continuò.
Nella stanza risuonò il singhiozzo di Uhura, subito soffocato.
Spock scivolò in ginocchio proprio di fronte a Jimmy e lo guardò negli occhi.
“Jimmy, noi non ci lasceremo mai. Tutti noi siamo una famiglia. Verrò da te ogni volta che sarò in congedo, e così faranno tutti gli altri della squadra. E poi parleremo in video ogni volta che sarà possibile”
“Ma… ma… chi mi insegnerà le cose?” balbettò Jimmy.
“Il dottor McCoy ha già trovato una scuola adatta, ci saranno tutti bambini intelligenti come te. Vedrai, ti divertirai con loro” rispose Spock.
“Ma… mi mancherete… mi mancherai…”
Ora Jimmy stava singhiozzando.
“Jimmy, non piangere. Anche io avvertirò la tua mancanza. Ma poi penserò a tutte le cose interessanti che possiamo fare quando saremo insieme. Ti porterò su New Vulcan a conoscere mio padre. E poi su Gamma Trianguli… dove ci sono le spiagge viola. E in tanti altri posti bellissimi”
Spock lasciò che il bambino sfogasse il pianto.
“Pensi di poter essere coraggioso per me?” chiese alla fine, con una dolcezza nella voce che McCoy non aveva mai sentito.
Jimmy annuì.
“Bravo piccolo” lo lodò McCoy, mentre si asciugava le lacrime.
“Non sono più piccolo, fra due giorni compirò sei anni”
McCoy si illuminò…
“E’ vero… tra due giorni…” sorrise.
“Giusto” intervenne Uhura.
Jimmy all’improvviso scivolò fra le braccia di Spock, stringendolo forte.
“Mi mancherai tanto Spock, ma sarò coraggioso per te” disse nascondendo il viso nell’uniforme del vulcaniano.
Quando l’abbraccio si sciolse, sulla guancia di Spock c’era una lacrima solitaria.
Jimmy l’asciugò con un dito.
“Non piangere Spock. Io starò bene con Bones. E tu mi verrai a trovare spesso” lo consolò.
Spock sospirò e guardò Jimmy diritto negli occhi.
“James Kirk… ricorda. Io sono sempre e sarò sempre, qualsiasi cosa succeda, tuo amico”
McCoy si schiarì la voce per alleggerire l’atmosfera.
“Bene… prima di tutto però abbiamo un compleanno da festeggiare tutti insieme. E, piccolo mio, avrai la più grandiosa festa di compleanno che si sia mai vista in questo quadrante della galassia”



McCoy sorrise all’espressione di puro stupore che si dipinse sulla faccia di Jimmy: era la vista della grande sala conferenze dell’Enterprise, addobbata a festa.
Scotty e Chekov avevano effettivamente fatto un gran bel lavoro; c’erano festoni e ghirlande colorate dappertutto, clown e giocolieri nei vari angoli, ed il più grande buffet che McCoy avesse visto da molti anni a questa parte.
Uhura si era sbizzarrita negli inviti e, approfittando della franchigia di quindici giorni all’equipaggio, era stato concesso di far salire a bordo le famiglie ed i loro bambini.
Così la sala era piena di invitati e bambini vocianti che correvano di qua e di là; e non ci volle molto prima che Jimmy si immergesse nell’atmosfera giocosa e diventasse il capo della banda di ragazzini.
Mentre guardava la banda di piccoli barbari urlatori che ormai si era impadronita della sala, McCoy si disse, ancora una volta, che la scelta fatta, per quanto dolorosa, era la più giusta.
Jimmy aveva diritto di crescere libero, all’aria aperta, con i suoi coetanei.
“Buonasera dottore” fece Spock avvicinandosi, con accanto Uhura, più bella che mai nel suo vestito blu a spalle scoperte.
“Spock…”
McCoy non riuscì a trattenere la risata alla vista del vulcaniano che, con aria compassata e serissima, indossava un cappello a punta coloratissimo.
“Non capisco il motivo della sua ilarità, dottore. Il tenente Uhura mi ha informato che è consuetudine degli umani indossare questo tipo di copricapo alle feste di compleanno dei bambini. Anche lei ne indossa uno infatti” rispose Spock, sempre serissimo.
“Sì, ma su di te fa un altro effetto” ridacchiò il dottore.
“Tenente Sulu, la pregherei di smettere di scattare ologrammi alla mia persona, anche perché non ne intuisco ancora una volta il motivo” scandì Spock girandosi alle sue spalle.
Sulu quasi si congelò con ancora il PADD in mano.
“Sì signore, mi scusi” balbettò, allontanandosi.
“Ce l’hai?” sussurrò Chekov ridacchiando.
“Sì sì… due” rispose altrettanto ilare Sulu, mentre mostrava l’ologramma.
“Mandameli sul PADD…”
“Li voglio anche io…” intervenne Scotty, quasi strozzandosi con una tartina alla vista.

“Signori… una festa davvero bellissima” salutò Archer, avvicinandosi.
Anche il vecchio ammiraglio indossava un buffo cappellino, con l’aggiunta di magnifico naso rosso da clown.
“Grazie ammiraglio, il merito è tutto dei tenente Uhura, di Chekov e del comandante Scott” rispose McCoy.
Archer guardò verso Jimmy che correva felice dappertutto con gli altri bambini.
“E’ ancora difficile abituarmi a vederlo così…” chiosò l’ammiraglio, con aria triste.
“Credo che saremo costretti ad abituarci all’idea di non vedere più Jim Kirk adulto per un po’” rispose McCoy pensoso.
“Mi spiace che nessuno dei nostri scienziati sia riuscito a trovare una soluzione. E Jim Kirk mi manca davvero. Non credevo che fosse possibile, ma quello scapestrato incosciente mi manca”
“Oh le posso assicurare che anche se ora ha solo sei anni, Jimmy è più o meno il Jim Kirk che conosciamo, non è cambiato molto” sorrise McCoy.
“La Flotta ha comunque perso una delle sue migliori risorse tattiche” ragionò Archer.
“Ammiraglio, la Flotta dovrà solo aspettare qualche anno, poi la risorsa James Kirk sarà di nuovo disponibile, ne sono certo” intervenne Spock.

“Spock, Bones, guardate cosa mi ha regalato l’ammiraglio Archer…”
Jimmy venne correndo verso di loro, reggendo una gabbietta in cui faceva bella mostra di sé un tribolo azzurro chiaro.
“E’ già sterilizzato, dottore, non mi guardi con quell’aria terrorizzata” disse Archer rivolto al medico, che aveva sbarrato gli occhi.
“Un Polygeminus Grex azzurro… molto raro” commentò Spock.
“Mi hanno detto che ti piacciono i triboli” sorrise l’ammiraglio verso Jimmy.
“Sì, moltissimo. Grazie ammiraglio” rispose il bambino con un gran sorriso.
“Confido che ne avrai cura”
“Ma certo… Spock, vieni a giocare con noi? Gli altri bambini vorrebbero toccare le tue orecchie se possibile. Sai, non hanno mai conosciuto un vulcaniano” chiese con aria innocente Jimmy.
Gli altri si lanciarono l’un l’altro sguardi perplessi, ma inaspettatamente Spock, sempre impassibile, annuì.
“Mi sembra logico soddisfare la curiosità di giovani menti umane” chiosò mentre si faceva trascinare imperturbabile da Jimmy nella confusione dei bambini che giocavano.
“Quel che riescono a fare i bambini…” sorrise Archer.
Poco prima il piccolo aveva convinto il tenente Hendorff a giocare a rubabandiera.
“Quel che riesce a fare questo bambino…” lo corresse McCoy.

“Strega comanda color: celadon” scandì Spock al centro del cerchio dei bambini, che attendevano ansiosi.
I piccoli rimasero tutti congelati sul posto, perplessi.
“Vuole dire più o meno: color acquamarina” urlò Jimmy mentre si lanciava alla ricerca.
Immediatamente i bambini scapparono in tutte le direzioni, alla ricerca del colore. La variante del gioco prevedeva un premio a chi si procurava per primo una cosa del colore richiesto.
Uhura non la smetteva di sorridere mentre, di nascosto, riprendeva con il PADD la scena.
“Spock, mi pare scorretto: non credo che qualcuno vincerà… che cavolo è il color celadon?” chiese McCoy.
“In realtà è il colore di una ceramica cinese. E se Spock l’ha chiamato vuol dire che ha visto qualcosa di quel colore. Anche se forse va bene pure una cosa color acquamarina” rispose sempre sorridendo Uhura.
“Non avrei mai creduto che il tuo ragazzo fosse così bravo con i bambini… mai pensato?” chiese malizioso McCoy.
“A cosa? Ad avere figli? Certo, quando sarà il momento…”
“Il pensiero di tanti piccoli vulcaniani, tanti piccoli Spock in giro… brrr” scherzò il medico.
“In realtà se io e il tenente Uhura dovessimo procreare, il frutto di tale unione sarebbe solo per un quarto vulcaniano. E quindi c’è solo il 25% di possibilità che il bambino presenti le caratteristiche somatiche relative” intervenne Spock avvicinandosi.
“Sarebbe comunque molto carino, soprattutto se prende dalla madre” ribattè McCoy, ridacchiando.
“Dottore, non vedo la logicità di discutere su ipotesi del tutto remote, allo stato attuale”
“Spock… torna a giocare con i bambini” ribattè McCoy.
Uhura ridacchiò. Certe cose non cambiavano mai.
“Signor Spock, va bene questo?” chiese una bambina bionda avvicinandosi con una sciarpa di seta color acquamarina.
“Quasi Sally, ma non è esatto al 100%” rispose calmo Spock.
“E questo?” chiese Jimmy, avvicinandosi con un ciondolo in ceramica.
“Sì, esatto Jimmy. Posso chiedere dove l’hai reperito?” rispose orgoglioso Spock
“Me lo son fatto prestare dal commodoro Chang” rispose il bambino.
McCoy sorrise incredulo.
Annabelle Chang era nota per essere uno degli ufficiali, e delle donne, più scostanti e scorbutiche dell’intera Flotta.
“Ma come hai fatto?” chiese
“Niente, ho solo chiesto e… sorriso” fece il bambino.
“Sorriso eh?” ripetè Uhura.
“Sì” disse con noncuranza il piccolo riprendendo il ciondolo per restituirlo.
“L’effetto che Jim Kirk ha sulle donne di qualsiasi età e specie non smetterà mai di stupirmi” concluse Nyota.

La festa volgeva quasi al termine.
Dopo il taglio dell’enorme torta, la maggior parte degli ospiti era andata via e Jimmy stava mostrando orgoglioso tutti i regali ricevuti.
La coperta colorata bantu fatta da Uhura già faceva bella mostra di sé sul divano, così come l’ultimo gioco matematico, dono di Chekov.
“Guarda Bones, questo è il regalo di Hikaru” disse il bambino mostrando una piccola spada ricurva.
“E’ da allenamento, dottore, non si preoccupi, non è pericolosa” informò subito Sulu.
“Mi insegnerai quando verrai a trovarmi?” chiese Jimmy.
“Ma certo” promise Sulu travolto dall’abbraccio del bambino.
“Forza, apri il regalo mio e di Keenser” intervenne Scotty.
Jimmy sorrise alla vista della piccola casacca color oro che spuntò dal pacchetto.
“Una camicia da capitano… grazie, è bellissima”
“Sei nato per indossarla ragazzo, credimi”
Tutti rimasero per un po’ in silenzio, commossi.
“Dottore credo che sia ora di ‘completare’ il nostro regalo” fece serio Spock.
“Sì… certo… indossa la camicia da capitano, Jimmy, e andiamo sul ponte di comando”
“Ma cosa dobbiamo fare?” chiese Jimmy, mentre si avviavano al turbo ascensore.
“Conservare i bei ricordi” rispose McCoy.

“Capitano sul ponte” annunciò Chekov una volta arrivati.
Tutti si misero sull’attenti mentre Jimmy faceva il suo ingresso sulla plancia.
Il bambino guardò leggermente imbarazzato.
“Vieni Jimmy, siediti qui” fece McCoy con gli occhi lucidi, mentre indicava la sedia del capitano.
“Lì? Davvero?” chiese Jimmy spalancando gli occhi.
“Certo” Spock sollevò il bambino e lo adagiò sulla poltrona al centro della plancia.
Il piccolo cercò di adattarsi, anche se i piedi non arrivavano a toccare il pavimento.
“Cheeese” scandì Hendorff, quando tutti gli altri della squadra si misero in posa, attorno alla poltrona di comando.

Dopo pochi minuti il regalo di Spock e McCoy era pronto.
Jimmy guardò con curiosità il PADD che i due gli porgevano, ed iniziò a far scorrere le pagine.
Comparvero decine di ologrammi, tutti ripresi durante la permanenza di Jimmy a bordo dell’Enterprise.
Jimmy mentre guardava un vetrino al microscopio elettronico con Spock, Jimmy e Bones seduti a pranzo, Jimmy in braccio al medico che dormiva tranquillamente. Ed ancora il bambino con Scotty e Keenser, con Uhura sul ponte di osservazione, con Sulu nella serra o con Chekov, chino sul PADD intento a risolvere problemi matematici. L’ultima immagine era quella scattata poco prima: Jimmy seduto sulla sedia, con la stessa aria di comando e sfida che aveva da adulto, circondato dai suoi amici.
“Questo per aiutarti a ricordare che siamo tutti una famiglia” disse Spock con aria dolce.


McCoy raccolse Jimmy dalla sedia di comando dove si era addormentato e lo issò sulla spalla.
Neppure nel sonno il bambino lasciò andare il PADD con gli ologrammi, continuando a stringerlo al petto.
“E’ ora di andare a nanna, monello” sussurrò il medico nell’orecchio, mentre carezzava i riccioli biondi.
Guardandosi intorno provò una fitta di dolore e nostalgia.
L’ultima notte sull’Enterprise.
“Allora buonanotte, dottor McCoy” salutò Spock.
“Basta Spock, non ce la faccio più a sentirmi chiamare dottor McCoy. Chiamami Leonard, dopotutto da domani non sarò più neppure un membro in servizio attivo della Flotta”
“Molto bene… Leonard. Buonanotte”
“Senti un po’ Spock… questa è la mia ultima notte a bordo”
“Ne sono consapevole, Leonard”
“E non credi che dobbiamo… festeggiare? Da adulti intendo” sorrise McCoy.
“Se per festeggiare da adulti intendi impegnarsi in attività sessuali, temo che il tenente Uhura avrebbe qualcosa da obiettare in proposito” scandì assolutamente serio.
“Ma no, che hai capito… volevo solo dire che nella mia cabina c’è ancora una bottiglia di bourbon d’annata che aspetta di essere aperta”
“Leonard, sai bene che i vulcaniani sono immuni all’effetto dell’alcool”
“Certo, è per questo che mi sono procurato per il mio replicatore i componenti del miglior cioccolato di San Francisco”
Spock sembrò ragionare per un minuto.
“Credo che la cosa sia accettabile” chiosò alla fine.


McCoy sfilò la maglia oro a Jimmy e poi, dopo avergli tolto le scarpe, lo coprì sino al collo, mentre gli carezzava i capelli.
Il piccolo rispose con un sospiro, per poi stendersi a pancia in giù.
Anche da adulto Jim amava dormire sul ventre.
“Bene, accomodati Spock” invitò mentre programmava al replicatore la cioccolata calda.
Dopo aver consegnato la tazza al vulcaniano, aprì delicatamente la bottiglia che faceva bella mostra di sé sul tavolo, e se ne versò una dose generosa.
“A Jim Kirk. Il migliore amico che si possa avere” scandì mentre sollevava il bicchiere, pieno di liquido ambrato, imitato da Spock.
Il medico tracannò il bicchiere quasi tutto d’un fiato, suscitando la classica alzata di sopracciglia di Spock.
“Leonard, così perderai ben presto la lucidità” protestò Spock.
“Esattamente quello che voglio. Ubriacarmi. Sto per diventare padre di due figli, in futuro non me lo potrò più permettere” sorrise McCoy.
Con un cenno di assenso Spock finì il suo cioccolato.
“Un altro giro” disse il medico mentre prendeva dal replicatore un’altra tazza di cioccolato e la porgeva al vulcaniano.
“A noi e all’Enterprise” brindò mentre tracannava un altro bicchiere di bourbon.

“Leonard… volevo che tu sapessi…” la voce di Spock, dopo cinque tazze di cioccolata, era impastata e il vulcaniano sembrava aver perso la coordinazione motoria.
Per la prima volta da quando lo conosceva McCoy lo stava vedendo… spettinato ed in disordine.
“Sì insomma… nonostante quello che ci siamo detti, i litigi, le incomprensioni… ho sempre avuto un profondo rispetto per te…” continuò mentre iniziava a sbavare
“Anche io Spock… anche io…” balbettò McCoy.
“E credo… hic… che tu sia il miglior scienziato medico in questo quadrante della galassia… un… hic… genitore meraviglioso… insomma… volev.. volev…” blaterò confuso il vulcaniano.
“Sì Spock… anche io ti voglio bene” fece McCoy prima di cadere, a faccia in giù, sul proprio letto.
Subito si levò un russare plateale.
Spock resistette in piedi altri trenta secondi prima di accasciarsi sul divano, russando come solo un vulcaniano può fare.

Maty
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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 17 set 2016, 18:14

manca solo il finale... Jimmy tornerà adulto?

Maty
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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 24 set 2016, 10:04

Capitolo 19
James Tiberius Kirk si era ubriacato molte volte nella sua vita, la prima volta a quindici anni, e conosceva quindi molto bene gli effetti di una sbronza colossale.
Ma, per come si sentiva in quel momento, poteva dire con sicurezza che quella da cui si stava svegliando era senza dubbio la peggiore sbronza della sua vita.
Gli faceva male praticamente tutto, ogni osso rimandava segnali di dolore e la testa pareva volesse spaccarsi da un momento all’altro come un melone maturo.
“Ouchhh” balbettò al tentativo di aprire un occhio.
“Computer abbassare luci al trenta per cento” ordinò.
“Le luci sono attualmente spente” rispose la voce metallica.
Il cervello lentamente cercò di elaborare l’informazione che quella era luce solare e proveniva dalle finestre della cabina.
Quindi erano attraccati in atmosfera… ma quando ci erano arrivati? L’ultima cosa che ricordava era che avevano lasciato l’orbita di Betarus e stavano navigando a curvatura.
“Computer oscurare finestre al trenta per cento”
Appena la luce si attutì Jim riprovò d aprire gli occhi.
Sbattè le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco e cercò di orientarsi.
Era nella cabina di Bones, il che non era sorprendente dopo una sbronza.
Piano piano cercò di muoversi prima di rendersi conto di alcuni elementi essenziali che non tornavano.
Di chi era la mano che aveva sullo stomaco?
Certo di Bones, che russava sonoramente nel letto a fianco.
Ma da quando Bones aveva due letti nella sua cabina?.
Ci mise qualche secondo prima che il panico iniziasse a strisciare dentro di lui.
Era… nudo… completamente nudo.
“Ma che…” balbettò mentre arraffava la coperta e si copriva alla men peggio.
Con delicatezza spostò la mano di McCoy e cercò di raddirizzarsi, con l‘unico risultato di far cadere a terra una bottiglia di bourbon vuota.
“Cosa cavolo abbiamo combinato ieri sera??” si chiese mentre furiosamente cercava nei suoi ricordi.
Nulla, non ricordava più nulla da quando avevano lasciato l’orbita di Betarus ed era andato a dormire nella sua cabina.
“No, no… non è successo niente, ci sarà certamente una spiegazione al fatto che sono nudo nella cabina di Bones…” si disse mentre, barcollando, cercava di alzarsi.
“OH MIO DIO” urlò alla restante vista della cabina.
Spock, disordinato, spettinato e con la bocca completamente macchiata di cioccolato, dormiva in posizione lasciva sul divano.
Spock ubriaco?? Che dormiva nella cabina di Bones? Con Bones? E con lui completamente nudo?
“Merda merda merda!!” imprecò Jim saltellando alla disperata ricerca di una via di fuga.
Ma le gambe sembravano non voler collaborare e complice la coperta che aveva avvolto attorno ai fianchi, finì miseramente in terra.
Finalmente Spock diede segni di risveglio.
Il vulcaniano si tirò su di botto.
Alla vista di Jim, rannicchiato in un angolo, con addosso solo una coperta Spock rimase congelato per diversi istanti.
E poi… il vulcaniano sorrise.

La vista di Spock che sorrideva a trentadue denti privò Jim di quel po’ di compostezza che gli era rimasta.
“OH MIO DIO… che cosa è successo qui ieri notte? Perché io sono nudo e perché noi… noi siamo qui?? E perchè stai sorridendo?? O mio Dio stai sorridendo davvero… è spaventoso… ti sei ubriacato e ora stai sorridendo” blaterò Jim completamente fuori di sé.
“Svegliati Leonard…” esortò Spock, senza smettere di fissare Jim.
Il medico non si mosse.
“Leonardi svegliati forza” scandì a voce più alta il vulcaniano.
Finalmente il medico diede segni di vita.
“Lasciami stare Spock… non sono più nella Flotta, non sono di turno…” borbottò.
“Leonard svegliati SUBITO”
McCoy si alzò a fatica dal letto.
“Ma si può sapere che suc…”
McCoy non finì la frase sbarrando gli occhi davanti a Jim.
Per un attimo anche lui rimase bloccato.
“E’ vero?? Non è una allucinazione alcolica??” chiese rivolto a Spock.
“No, credo di no…” rispose il vulcaniano incapace di smettere di sorridere.
“Oh mio Dio!!! Jim!! Sei tornato!!” gridò il medico, cercando di abbracciarlo.
“Stai lontano!! State lontani tutti e due” fece Jim terrorizzato indietreggiando.
“Jim.. cos’hai?” chiese preoccupato il medico.
“Cosa ho?? Sono qui nella tua cabina, con i postumi di una sbronza… nudo… con voi due ubriachi. E Spock sta sorridendo… oddio, sta sorridendo… è spaventoso!!”
“Capitano, se vuole sottintendere che quello che è successo qui ieri sera possa implicare una qualsiasi attività a sfondo sessuale… la cosa è assolutamente esclusa. Il dottor McCoy mi ha invitato a partecipare ad un rituale per la sua ultima sera a bordo che prevedeva l’uso di sostanze alcoliche, ovvero nel mio caso di cioccolato… ” Spock, di nuovo serio, si lanciò in una logica spiegazione.
“COSA E’ SUCCESSO?? Che significa che sono tornato??” l’interruppe Jim
“Beh ragazzo… son successe un sacco di cose…” disse McCoy, ridendo in modo quasi isterico mentre finalmente riusciva ad abbracciare il suo migliore amico



“Vuoi stare fermo per trenta secondi?” sbottò McCoy infastidito, mentre per l’ennesima volta cercava di controllare con il laser gli occhi di Jim.
“Perché ho dolori dappertutto?” chiese il giovane capitano, continuando ad agitarsi sul biobed.
“Mai sentito parlare dei dolori della crescita? Ti darò qualcosa” rispose con un mezzo sorriso il medico.
“Ripetimi quello che è successo… AHIA” Jim fece un sobbalzo ,non appena sentì il sibilo dell’hipospray.
“Mi hai fatto male…potevi almeno avvisare” continuò con voce lamentosa, massaggiandosi il collo.
“Ti ho avvisato. E da bambino eri un paziente molto più bravo”
Jim mise su una specie di broncio, identico a quello che metteva su Jimmy quando gli negava il cibo preferito; a McCoy si strinse il cuore mentre gli tornavano in mente tutti i ricordi del bambino con cui aveva convissuto per oltre sei mesi.
Rimase per un attimo a pensare alla facilità con cui James Kirk riusciva ad incasinare la sua mente e la sua vita; aveva pianto la scomparsa di Jim adulto per mesi, ed ora che era di nuovo lì avanti a lui, gli mancava il piccolo Jimmy.
“Comunque a parte i dolori ed una leggera anemia sei in perfetta salute, anche meglio dell’ultimo esame fisico che hai fatto” concluse il medico dando a Jim una grossa pacca sulla spalla.
“Davvero sei mesi? Sono stato bambino per sei mesi?” chiese Jim con aria attonita ed incredula.
“Già… ed eri molto carino. Un dolce bambino molto carino” lo prese in giro McCoy.
“Che cosa imbarazzante… come farò ad affrontare l’equipaggio ora?”
“Oh, non ti preoccupare. Eri adorabile, anche Spock amava averti intorno e non gli credere se ti dovesse dire il contrario” fece McCoy.
“Non è mia intenzione negare di aver provato soddisfazione in compagnia del piccolo Jimmy” intervenne Spock, in piedi accanto al biobed, di nuovo rigido e perfetto come al solito.
“Quel che non riesco a capire è perché all’improvviso sia tornato adulto. Dopo tanti mesi…” fece il medico poggiandosi alla scrivania, rivolgendosi al vulcaniano.
“Se ricordi bene, Leonard, la regina di Betarus ci aveva espressamente avvertiti che il dono avrebbe funzionato sino a che serviva. Se ne deduce che a questo punto aveva esaurito la sua funzione” ragionò Spock.
“Ehi… sono qui… parlate di me come se non ci fossi e di cose che non ricordo affatto; non è molto piacevole. E aspetta un momento… da quando Spock ti chiama Leonard? E com’è che siete nella stessa stanza da più di cinque minuti e non state litigando?” chiese rivolto verso McCoy.
“Te l’ho detto. Son successe un mucchio di cose in questi sei mesi” sorrise il medico, mentre rimetteva a posto i suoi strumenti.
“Comunque capitano, se le sue condizioni lo permettono, l’Ammiraglio Archer ha chiesto di parlarle. Credo che ci siano molti adempimenti burocratici da evadere” scandì formale Spock.
“Ok andiamo”
Jim saltò giù dal biobed.
“Spock… ti rendi conto che se io sono di nuovo il capitano dell’Enterprise, tu verrai degradato a tenente comandante? O vuoi un comando tutto per te?” chiese mentre si avviavano nel corridoio.
“I vulcaniani non provano ambizione, capitano. E poi su questa nave ho più di un motivo di gratificazione”


McCoy aspettò con ansia che Jim aprisse la porta della sua cabina
Quella era la prima sera, da quando, due settimane prima, Jim era tornato adulto, che potevano concedersi una serata insieme, come ai vecchi tempi.
Per un attimo aveva pensato di invitare anche Spock, ma poi egoisticamente aveva rinviato alla prossima occasione. Quella serata doveva essere solo per lui e per Jim. Era l’ultima sera alla spacedock della Terra, poi avrebbero ripreso la loro missione.
Mentre aspettava, reggendo la bottiglia di bourbon che si era procurato poco prima di risalire a bordo, non poteva fare a meno di pensare a quella mattina in cui aveva trovato il piccolo Jimmy in quella cabina.
Ricacciò indietro la fitta di nostalgia che provava ogni volta che ripensava ai mesi precedenti.
In fondo Jim era Jim… a sei anni o a ventinove.
“Finalmente…” fece quando la porta scivolò di lato e riuscì ad entrare.
“Ero sotto la doccia… come vedi” ribattè Jim, accogliendolo con solo un asciugamani avvolto attorno alla vita.
“Meno male che non devo più costringerti sotto l’acqua la sera… la doccia non era uno dei tuoi momenti preferiti…” ridacchiò il medico.
In risposta ebbe solo un grugnito, mentre il suo amico si avviava di nuovo nel bagno per vestirsi.
Quando riemerse McCoy si concesse un attimo per studiare il giovane.
Appariva in perfetta forma, senza l’aria stanca che spesso mostrava dopo le molte notti insonni.
McCoy sapeva che le notti di Jim erano frequentemente agitate dagli incubi del suo passato.
Versò due abbondanti dosi di bourbon e porse il bicchiere al suo amico.
“A noi” brindò, facendo tintinnare i bicchieri.
“Buono… avrai speso una fortuna” disse sodisfatto Jim mentre assaporava il liquore.
“L’occasione merita. Per un po’ di tempo io e te abbiamo brindato solo con latte e cioccolato“ ridacchiò il medico.
“Suppongo che dovrò sorbirmi questi racconti per molto tempo…”
“Oh sì…” ridacchiò di nuovo McCoy.
“Stai bene?” chiese dopo un po’.
“Sì… sto bene… anzi…”
McCoy rimase in silenzio in attesa dello sfogo dell’amico.
“Vedi Bones, non so come spiegartelo. Non mi ricordo niente dei sei mesi passati, ma… mi sento sereno. E’ una strana sensazione… e non ho incubi da due settimane”
“Questo è un vantaggio”
“Certo. Ma è anche più di questo… è strano. Se ora ripenso al mio passato… beh ora è come se fossi riuscito finalmente ad accettare quegli avvenimenti. Insomma… i miei ricordi sono ancora tutti lì, ma ora so che fanno parte del mio passato e basta”
McCoy guardò con attenzione il giovane davanti a lui.
Sapeva quanto aveva duramente lottato, senza mai riuscirci davvero, per buttarsi alle spalle le esperienze traumatiche della sua infanzia ed adolescenza.
“Insomma… è come se ora sapessi di avere un posto nella vita, che è qui sulla nave. Con voi” continuò mentre prendeva il PADD dalla scrivania e sfogliava gli ologrammi scattati quando era bambino
McCoy rimase ancora in silenzio, bevendo il suo bourbon.
“Sai Jim… credo che tutti noi abbiamo male interpretato il significato del dono della regina betariana. Abbiamo sempre creduto che volesse ridarti la tua infanzia, mentre secondo me quello che voleva era solo farti capire che hai una famiglia. Voleva far capire a tutti noi che siamo una famiglia”
Jim annuì e per un po’ i due amici rimasero in un comodo silenzio, godendo della reciproca presenza.
“Così eri disposto a farmi da padre… e tu e Spock avete anche litigato su questo…” ridacchiò il giovane capitano, rompendo il silenzio.
“Te l’ho già detto eri un bambino molto carino ed intelligente, peccato che crescendo…” rise il medico
“Mi sarebbe piaciuto credo…”
“Cosa?”
“Averti come padre. Tu sei nato per fare il padre, quasi quanto il medico” sorrise Jim.
McCoy sorrise anche lui, un po’ amaro, pensando a sua figlia Johanna.
“Non esageriamo però. Ora che sei di nuovo adulto non sono tanto più vecchio di te”
“Comunque grazie. Non mi ricordo, ma devi essere stato bravissimo”
“Anche Spock ha fatto la sua parte. E Nyota e gli altri della squadra” fece il medico.
“Quindi ora tu e Spock siete amici…”
“Amici… diciamo che abbiamo imparato ad apprezzarci… e siamo compagni di bevute”
“Tutti una famiglia, giusto?”
“Tutti una famiglia, anche ora che sei tornato il solito idiota” rise McCoy
Proprio in quel momento risuonò il comunicatore.
“Capitano qui Scotty. Lei ed il dottor McCoy dovreste venire in sala teletrasporto”
“Cosa succede Scotty?” chiese Jim leggermente preoccupato.
“Nulla di grave… abbiamo solo un paio di problemi, enormi problemi”

Quando arrivarono, leggermente trafelati, Jim e McCoy incrociarono Spock, pronto ad entrare anche lui nella grande sala dove erano poste le piattaforme del teletrasporto.
Varcata la soglia i due umani rimasero per un momento a bocca aperta.
La reazione di Spock fu il solito sopracciglio alzato, sintomo inequivocabile della sorpresa.
Sulla piattaforma, tenuti fermi per la cavezza da due agenti di sicurezza, c’erano due enormi animali bianchi, molto simili ai cavalli, ad eccezione della cresta e delle orecchie allungate.
“Affascinante” commentò Spock avvicinandosi.
“Ma che sono? E come sono arrivati qui?” chiese McCoy guardandoli stupito.
“Sono stark. L’equivalente dei cavalli terrestri per i Klingon. Posso chiedere signor Scott come sono arrivati qui?” rispose il vulcaniano
“Teletrasportati dall’ambasciata andoriana presso la Federazione. Che a sua volta li ha ricevuti da quella Klingon”.
“Ma per chi sono… chi li manda?”
“Moklor. E uno è per te, Bones” rispose Jim, mentre leggeva il messaggio sul proprio PADD, per poi porgerlo al medico.

Piccolo guerriero,
E’ un dono che spero che tu ed il tuo ufficiale medico vogliate accettare come segno della mia gratitudine. La ricerca medica che il dottor McCoy ha fatto pervenire alla ambasciata klingon mi ha ridato speranza di guarigione.
Mi hanno informato che sei tornato all’età adulta e hai perso i ricordi del nostro incontro, ma volevo assicurarti che ho tenuto fede alla parola data. I “tuoi” triboli sono stati teletrasportati su di un pianeta con habitat compatibile ove la presenza di predatori consentirà di controllarne la popolazione. Quanto a Karagg e Kalitta ho chiesto al Gran Consiglio di commutare la pena capitale in detenzione su Rura Penthe.
Non so se il fato vorrà davvero concedermi lunga vita, ma se così sarà sono certo che un giorno ci rincontreremo. E potremo fare la differenza per i nostri popoli.
Sino ad allora
Qapla’ piccolo guerriero.
Moklor comandante della IKS Pagg


“Un regalo un po’ meno ingombrate non poteva trovarlo?” fece McCoy sarcastico, dopo aver letto.
“Il regalo di animali da cavalcatura è considerato segno di grande rispetto fra i klingon” obiettò Spock.
“Sono davvero bellissimi” fece Jim avvicinandosi ad uno degli animali e toccandolo sul muso.
L’animale rispose con un fremito al tocco.
“No no no… non ci pensare nemmeno Jim, non possiamo tenerli a bordo” disse terrorizzato McCoy.
“Potrei suggerire il bioparco di S. Francisco, capitano” intervenne Spock.
“Non voglio mandarli in uno zoo, sarebbe poco rispettoso per chi li ha donati” obiettò il giovane.
“In alternativa la fattoria della madre del dottor McCoy è abbastanza grande. E il bioclima è del tutto compatibile” propose ancora il vulcaniano.
“Ah magnifico… mia madre ne sarà entusiasta” fece acido il medico.
“Dai Bones, non sono diversi dai cavalli. E tu hai già una scuderia nella fattoria…”
“Sì, ma lo dici tu a mia madre che stiamo per affidarle due animali donati da un feroce guerriero klingon”
“Certo, tanto Eleanor non mi dice mai no” sorrise Kirk.
“Prima però dobbiamo trovargli dei nomi. Il mio lo chiamo Leonard. E il tuo lo chiami come me?” continuò con il solito sorriso arrogante.
“Non mi sembra il caso di chiamarlo ‘idiota’ ” chiosò il medico.
A Jim sembrò che a stento Spock trattenesse il sorriso.

“Buongiorno capitano”
Rigido e perfetto come al solito, Spock salutò Jim che usciva dal turboascensore, diretto alla mensa.
“Che ci fai con quel tribolo?” chiese subito McCoy, che aspettava con Spock.
Era bello riprendere le vecchie abitudini quando i tre erano soliti fare colazione insieme all’inizio del turno alfa.
“E’ il mio regalo… quindi me lo tengo” rispose Jim carezzando il tribolo azzurro, dono di Archer.
L’animale rispose tubando felice.
“Era un regalo per un bimbo di sei anni, non di ventinove” chiosò McCoy
“Un regalo è un regalo… e devo trovare anche a lui un nome… non mi va di chiamarlo tribolo. Secondo voi è maschio o femmina?”
“I Poligeminus Grex sono ermafroditi, capitano” fece Spock, serissimo, mentre prelevava dal replicatore la sua zuppa ploomek.
“Quindi posso scegliere...” fece Jim mentre come un equilibrista reggeva con una mano il vassoio con la sua colazione e con l’altra il tribolo.
“Ti somiglia, Bones… ha un’aria incazzata, come te… ma non posso chiamare anche lui Leonard” fece una volta seduto.
Il medico emise un sospiro di sopportazione.
“I triboli non posso avere espressioni facciali, non hanno tecnicamente un viso. In realtà non sono neppure senzienti” continuò sempre serio il vulcaniano.
“Non starlo a sentire…” bisbigliò Jim al tribolo, carezzandolo ostentatamente.
“In realtà somiglia anche a te Spock… avete quasi lo stesso taglio di capelli” concluse Jim.
Il vulcaniano si limitò ad alzare un sopracciglio.
“Ho deciso, lo chiamo Spones” annunciò Kirk felice dopo alcuni minuti, con la bocca sporca di marmellata
“Idiota” fu il commento di McCoy, mentre Spock non degnò il capitano e l’animaletto di uno sguardo.

“Bene possiamo andare. Il lavoro ci chiama” disse Jim alzandosi dal tavolo.
“Non vuoi le tue gelatine?” chiese McCoy, con un gran sorriso.
Kirk aggrottò la fronte, ma non rispose.
“Capitano crede che sarà in grado di completare il suo turno, o ritiene che sentirà la necessità del consueto pisolino dopo pranzo?” chiese Spock serio.
“Vi siete alleati per prendermi in giro? Non credo mi piaccia il fatto che ora voi due siete amici. Quindi vi ordino di non esserlo” chiosò scherzoso il capitano.
“Non credo che tale ordine sia legittimo, capitano. In base al capitolo 15.5 del regolamento della Flotta Stellare gli ordini superiori non possono riguardare sfere strettamente personali, sessuali, o essere dettati da motivi discriminatori…” rispose formale Spock, provocando la risatina di McCoy.
“Ok... allora vi metterò sempre su due turni diversi, così non potrete frequentarvi”
“La cosa risulterebbe inutile, visto che il servizio è organizzato su tre turni giornalieri, residuerebbe sempre un turno in cui il dottor McCoy ed io condividiamo il riposo”
“Bene allora inizierò a sparlare di ciascuno di voi alle spalle dell’altro …”
“Nulla che tu già non faccia mi pare” ridacchiò McCoy.
“Ingrati. Mi rimani solo tu Spones…” fece Jim accarezzando il tribolo.
Nel frattempo i tre avevano raggiunto la plancia.
“Capitano sul ponte” annunciò Chekov.
“Buongiorno a tutti, famiglia” augurò Jim mentre si avviava verso la sedia di comando.
FINE

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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 24 set 2016, 10:06

Bene... abbiam finito finalmente.
Grazie a chi ha letto, commentato e soprattutto al beta reader.
Spero non vi siate annoiati a leggere... io mi son divertita a scrivere.
Maty

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Re: IL DONO

Messaggio da trekfan1 » 24 set 2016, 11:39

Uhmm un tribolo di nome "spones" ? Hai preso spunto da uno dei nick cha hai visto in giro per il forum?

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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 24 set 2016, 11:53

a dir la verità... no... ma ben venga se non si offende
I triboli son carini

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Re: IL DONO

Messaggio da TheGib » 24 set 2016, 14:33

Sinora mi sono astenuto dal commentare pubblicamente, per ovvi motivi.

Io trovo tutta la vicenda molto bella e col giusto ritmo, da cima a fondo.
Inoltre l'autrice dimostra di avere un'ampia gamma di conoscenze: scientifiche, legali, mediche-psicologiche, trekkiane... ma anche fanfictrekkiane 8)

Perché il teatrino finale sul risveglio del trio è un chiaro riferimento umoristico ai trilioni di fanfiction sull'argomento "trenini di Kirk-Spock-McCoy" che circolano in rete sin da quando esiste internet, se non addirittura le arcaiche BBS; lo stesso dicasi per il nome del tribolo :evil
Mentre sul percorso di evoluzione-risveglio di Jim/Jimmy/Jim si potrebbe basare un vero trattato di psicoanalisi regressiva.

E allora scopriamo una storia divertente ma profonda, fresca ma attenta alla tradizione.

Quindi: BRAVA! :bravo:


P.S.: Se un giorno -e me lo auguro- spones ripassa da qui, abbiamo di che omaggiarlo per molto, molto tempo... :bandit:
"La nostra vera nazionalità è l'umanità." H.G.Wells
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"...c'è una certa drammatica ironia in tutto questo, una sincronia che sconfina con la predestinazione, si potrebbe dire..." R.Giles

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Re: IL DONO

Messaggio da trekfan1 » 24 set 2016, 18:22

Bè penso che per il momento abbia i suoi triboli da sfamare... :lol:

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Re: IL DONO

Messaggio da Maty » 25 set 2016, 9:55

grazie dei complimenti... attenti però perchè potrei tormentarvi con una nuova FF
Saluti a tutti.
PS... grazie per aver colto l'ironia dell'ultimo capitolo... l'unico modo per farmi avvicinare alle FF cd slash (si dice così?).
Senza alcun pregiudizio ma per me (opinione personale) non sono "canon"
Grazie ancora

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Re: IL DONO

Messaggio da trekfan1 » 25 set 2016, 13:03

Ovvio che le Fan Fiction non sono canon, in quanto ad una nuova FF, bè la sezione è disponibile :D

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Re: IL DONO

Messaggio da Miles » 27 set 2016, 11:02

Davvero un bel racconto, fedele allo spirito del reboot ma anche a quello delle FF (come evidenziato da TheGib). E' facile farsi prendere la mano da fuochi d'artificio, retcon e crossover improbabili quando ci si approccia a scrivere una FF, ma Maty ha dimostrato una coerenza direi professionale dall'inizio alla fine del racconto, scegliendo una storia d'introspezione profonda ma al contempo leggera, godibile e mai noiosa.
TheGib ha scritto: Quindi: BRAVA! :bravo:
Appunto! :-D
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Re: IL DONO

Messaggio da trekfan1 » 27 set 2016, 11:25

Cmq per questa volta passi, ma per le prossime volte la FF starà in un topic e per discuterne si apre un altro topic, esempio se si fosse seguita questa regola (ormai era tardi dato che c'erano commenti anche nei post del racconto) per questo topic sarebbe stato: "IL DONO - Discussione"

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Re: IL DONO

Messaggio da Miles » 27 set 2016, 14:45

Più che giusto
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